Cos’è la fratturazione idraulica?
Il fracking, o fratturazione idraulica, è un procedimento utilizzato per la frantumazione delle rocce serbatoio durante le trivellazioni petrolifere profonde e consiste nell’iniettare liquidi, per lo più acqua e additivi chimici, ad alta pressione nel sottosuolo a circa 6-7 chilometri di profondità, sotto i giacimenti.
In questo modo, infatti, sfruttando la forza dell’acqua, gli strati scistosi (rocce metamorfiche derivate dalle argille) che contengono gli idrocarburi si sgretolano liberandone il prezioso contenuto. Questa tecnologia, però, è molto controversa perché secondo diverse teorie può causare seri danni ambientali. In primo luogo, a quanto pare, il prelievo di grandi quantità d’acqua potrebbe impoverire la falda acquifera, soprattutto in aree semidesertiche, che, in seguito, rischierebbe anche di contaminarsi con le sostanze chimiche aggiunte (molte delle quali sarebbero tossiche).
Inoltre, secondo recenti studi dell’Università di Memphis, il fracking, al pari di grandi opere di ingegneria (come dighe e miniere), potrebbe agire sulle faglie provocando terremoti di magnitudo 4.9 come avvenuto in Uzbekistan, in Oklahoma e nel Lancashire, in Inghilterra. Una ricerca della Columbia University, infatti, sostiene che dal XIX secolo a oggi oltre 200 eventi sismici, con intensità tra 4.5 e 7.9 gradi della scala Richter, sarebbero imputabili a lavori di geoingegneria.