È vero che nel prezzo della benzina paghiamo ancora la Guerra d’Etiopia?
Non proprio ma quasi. Oltre la metà del prezzo della benzina (si calcola intorno al 53–57 per cento) è formato dal prelievo statale.
Negli anni, a partire proprio dalla Guerra d’Etiopia condotta dall’Italia di Mussolini nel 1935. il fisco ha introdotto delle addizionali sul costo del carburante per reperire risorse per finalità precise. Quella volta si trattò di 1.90 lire. Poi nel dopo guerra l’iniziativa fu imitata molte per esempio nel 1956 si imposero 14 lire per la crisi di Suez. il Vajont fu finanziato con 10 lire nel 1963 e altrettante furono dedicate nel 1966 all’alluvione di Firenze
Le catastrofi naturali, anche per la loro condizione di emergenza. hanno spesso richiesto il reperimento rapido di fondi straordinari.
Così aumenti dei carburanti furono varati per finanziare gli interventi per i terremoti del Belice nel 1968, del Friuli nel 1976, dell’Irpinia nel 1980, e negli ultimi anni per l’Abruzzo, le Marche e l’Emilia Romagna. Lo stesso per le alluvioni, per esempio in Liguria e Toscana.
Nel 1983, 205 lire furono destinate alla missione di pace in Libano, e 22 lire nel 1996 per quella in Bosnia. Lo stesso escamotage a volte è stato usato per finanziare aumenti degli stipendi, come il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri nel 2004. 0 anche per far fronte all’emergenza immigrazione.
Ma il punto è: che fine fanno questi aumenti quando l’emergenza è finita? Vengono revocati o continuano ad andare alla destinazione per cui sono nati anni prima (80 anni prima nel caso della Guerra di Abissinia)?
Né l’uno né l’altro. Quasi sempre vengono stabilizzati all’interno di quella che viene chiamata accisa, e che è il prelievo fiscale da parte dello Stato. Quegli aumenti quindi vengono consolidati e destinati comunque alla casse statali ma senza più una destinazione preordinata.
