Perché ci si crede morti?

Quando ci si crede morti, si soffre della sindrome di Cotard, detta anche “sindrome dell’uomo morto” o “sindrome del cadavere che cammina”. Fu descritta per la prima volta dal neurologo francese Jules Cotard (1840-1889), cui fu sottoposto il caso di Mademoiselle X, una ragazza che rifiutava il cibo credendosi dannata per l’eternità e incapace perciò di morire “ulteriormente”.
Secondo uno studio dell’Università di Cambridge, il 69% dei pazienti affetti da questa sindrome nega di esistere fisicamente, mentre il 55% si ritiene incapace di morire di morte naturale.
Uno dei casi più famosi è quello della scrittrice statunitense Esmé Weijun Wang, che ha descritto la sua esperienza in Perdition days: svegliandosi una mattina, si disse convinta che lei e la famiglia fossero morti. Era certa che fosse accaduto durante un volo dall’Inghilterra a San Francisco e di trovarsi a tratti in paradiso e a tratti all’inferno.
Non pensò mai al suicidio, perché si riteneva già morta. La sindrome è solitamente associata a patologie neuropsicologiche, come la schizofrenia, ed è legata all’attenuazione delle reazioni emotive alla realtà.