Da quanto si utilizzano le impronte digitali nelle indagini?

Fu il ritrovamento di impronte digitali su antichi vasi di terracotta in un sito archeologico giapponese a ispirare il medico scozzese Henry Faulds a proporre l’uso delle impronte per identificare i criminali.
L’uso dell’impronta digitale
Faulds, nel 1880, scrisse una lettera a Charles Darwin in cui ribadiva l’unicità delle impronte in ogni individuo (teoria in realtà già avanzata nel 1788 da J.C.A. Mayer), ma soprattutto trascorse sei anni per escogitare un sistema di impronte digitali forense, partendo dal presupposto che se sul luogo del delitto fossero state trovate impronte, ciò avrebbe permesso di identificare l’assassino.
Fu bocciata da Scotland Yard
La sua proposta però non incontrò i favori di Scotland Yard, la polizia londinese, e rimase nel cassetto.
Usata per la prima volta dalla polizia argentina
Fino a quando nel 1892 l’idea venne invece sfruttata dalla polizia argentina, che grazie a un sistema di classificazione risolse un efferato caso di duplice omicidio, incastrando una madre che aveva ucciso i figli piccoli.